Allenamento

La Forza:

Bentornati nella rubrica che si occupa della vostra preparazione in e outdoor, che siate principianti o professionisti.
Oggi affronteremo l’argomento più difficile da spiegare e più complesso, per le sue mille varianti: La forza.
La letteratura sportiva definisce la forza come ‘la capacità dell’uomo di vincere od opporsi ad una resistenza esterna mediante impegno muscolare’.
La prestazione della forza può essere però favorita o limitata da diversi fattori interni o esterni, quali ad esempio:
- la qualità delle fibre muscolari (un soggetto con più fibre bianche è più forte di un soggetto che ne è carente)
- la capacità di attivare (reclutare) più fibre muscolari possibili. In questo caso è la frequenza di impulsi che i neuroni motori trasmettono ai muscoli a fare la differenza (e questo è una delle cause maggiori di mancanza di forza, non è necessario essere enormi per spostare il mondo, può solo aiutare!)
- l’intervento coordinato dei muscoli sinergici : in questo caso la prestazione di forza è migliore se oltre al muscolo agonista intervengono altri muscoli (per l’appunto sinergici) che coadiuvano svolgendo lo stesso movimento (ecco qui per l’ennesima volta stracciato e buttato nel cestino il concetto di isolamento muscolare tanto ricercato da molti nelle palestre. Una cagata pazzesca direbbe Fantozzi!)
- la sezione trasversa del muscolo (+ è grande e +, 90 su 100, è forte -ma non è detto-)
- la disponibilità di riserve energetiche e il loro ottimale utilizzo
- la corretta modulazione di intervento dei muscoli antagonisti
- la corretta esecuzione del gesto tecnico (la tecnica pura acquisita col tempo)
- fattori ambientali esterni
La forza nel suo significato generale è fondamentale per tutti gli atleti e per tutti gli sport, a patto di saper chiaramente distinguere di quale tipo abbiamo bisogno e da dove viene l’energia per produrre la massima potenza.
Parlando ‘papele papele’: vi sarà sicuramente capitato di pedalare e sentire di essere al massimo della fatica percepita ma non al massimo delle vostre possibilità. Come dire ‘cavolo sento che posso dare di più, ma perchè non riesco?’.
Proprio perchè non avete lavorato sui diversi tipi di forza. Magari appena buttate giu’ un rapporto molto lungo per pochi metri vi spegnete (mancanza di forza submassimale e reclutamento fibre), oppure se dovete fare uno scatto non esprimete la giusta velocità (mancanza di potenza-forza esplosiva), oppure ancora non siete in grado di affrontare lunghe salite con la giusta lucidità (mancanza di forza resistente di lunga durata).
Capita ai discesisti e agli enduristi di essere carenti di Forza isometrica:
Una discesa va infatti affrontata quasi tutta in piedi sui pedali, che per di più rappresentano una superficie instabile. A parte nei tratti in cui si pedala, le nostre gambe (ma anche le nostre braccia) devono sopportare delle grosse sollecitazione a dei gradi costanti o quasi (non è come fare uno squat completo per capirci, è come scendere con tibia-femore 90 gradi o quasi e rimanere lì per molti secondi!). Fare dei lavori specifici con pesi in isometria (a gradi fissi di flesso-estensione) può migliorare la forza generale dei vostri muscoli a quei gradi e migliorare la vostra prestazione.
Come avete visto l’argomento è talmente complesso che un articolo non basterebbe per spiegare tutti i meccanismi che si attivano con i diversi tipi di forza.
Proprio per questo parleremo subito di forza massimale o submassimale e forza isometrica, per parlare più avanti di forza esplosiva e forza resistente, capacità che comunque vanno sviluppate più in là nella preparazione invernale.
Per Forza massimale si intende la forza più elevata che il sistema neuromuscolare è in grado di esprimere con una contrazione muscolare volontaria.
Ad alcuni di voi sarà capitato di fare nei primi giorni di palestra un test sui ‘massimali’. Tralasciando una mia personale visione sui test di questo tipo nei soggetti non molto allenati al loro primo giorno di palestra (!!!!!?????!!!!!!!! c’è un carico eccessivo a livello articolare e il soggetto non è muscolarmente in grado di fare l’esercizio in modo corretto!), questo tipo di lavoro serve a capire la vostra forza max su 1 ripetizione sola. L’utilità sta nel fatto che una volta che si ha in mano il 100%, si calcolano le percentuali di lavoro per i diversi tipi di forza che si vogliono migliorare. Chiaramente il 100% si può calcolare anche con metodi indiretti (ad es. se scelgo un carico che mi permette di fare 10 ripetizioni lente, sono circa al 70 %. Con la giusta proporzione calcolo il massimale).
Per Forza submassimale si intende la forza che vi permette di alzare un peso per un numero davvero esiguo di ripetizioni (2/4), oppure di fare pochi metri in più partendo da fermi con la bici, sempre col vostro rapporto super-duro.
Non fate smorfie voi che fate granfondo o che andate in bdc! questo tipo di lavoro può servire anche a voi in una prima fase di preparazione! Proprio per migliorare la vostra coordinazione intramuscolare e abituare il vostro muscolo a richiamare più fibre.Chiaramente non farete questo lavoro per 3 mesi, magari solo 1!
Come avete capito si può migliorare la forza submassimale (e la forza resistente di breve durata) non solo alzando pesi in palestra (cosa che consiglio ai discesisti), ma anche pedalando. Fa parte della periodizzazione delle mie particolari lezioni di spinning un lavoro di pochi secondi (30/40, chiaramente in piedi) con una resistenza molto molto dura e un ritmo di pedalata (per forza) inferiore alle 60 rpm. Un ciclista può fare questo lavoro anche a 40 rpm, sempre per pochi secondi, trovandosi di fronte a una salita ripida e affrontandola con un rapporto molto duro.
I tempi di recupero per questo tipo di lavoro, che sia su bike o in palestra, chiaramente sono molto alti, dai 3 ai 5 minuti.
Molto utile questo lavoro sulla forza submassimale per chi di voi vuole mettere massa muscolare. Nell’immediato non vedrete risultati, ma quando passerete ad un lavoro puro di ‘massa’ con rip tra le 8 e le 12, i risultati arriveranno molto più velocemente. Per questo motivo molti bodybuilders alternano sempre lavori di forza e massa durante la preparazione (specialmente in metodi tipo BIIO, che alcuni di voi conoscono).
Occorre infine non preoccuparsi se sulla bici nel mese in cui si fa questo tipo di forza vi sentite legati. E’ una fase di transizione in un percorso lungo 4/5/6/7 mesi che vi porterà a una preparazione completa!
Inoltre, come detto sopra, questo lavoro verrà fatto per poche settimane o per più settimane in base al tipo di specialità da preparare, comunque mai troppo a lungo nei ciclisti!
Ultima ma non per importanza per l’articolo odierno è la Forza isometrica.
Per forza isometrica si intende la capacità del sistema neuro muscolare di sopportare un carico (che può anche essere il peso del proprio corpo) a gradi fissi di flesso-estensione per tot. secondi o minuti.
E’ molto importante lavorare su questo tipo di forza per chi di voi oltre ad andare in bici, d’inverno va in tavola o scia! E’ proprio per questo che dovrete anticiparla un pochino nella programmazione invernale rispetto a chi va solo in bici d’estate

Il cuore e le soglie cardiache:


Ben ritrovati a tutti voi. Oggi cominceremo a parlare di cuore e delle famigerate soglie. Tutto ciò per capire come lavora il cuore durante l’attività fisica, che adattamenti si creano, capire cosa sono le soglie e come sfruttarle.
Abbiamo già detto che in alcuni mesocicli di forza massimale e submassimale (anche nelle sfr citate da alcuni di voi) usare il cardiofrequenzimetro può essere utile ma non fondamentale. Lo diventa invece quando cominciamo a parlare di concetti come fondo (che farete proprio in questo periodo) o ripetute (ne parleremo più avanti).
Vi avevo accennato già che prima di fare qualsiasi lavoro sulla forza (di qualsiasi tipo essa sia) era fondamentale ricondizionare il corpo con un buon fondo e un allenamento in palestra che permettesse ai vostri muscoli di capillarizzarsi al meglio.
Perchè è così importante questa capillarizzazione? Perchè il suo aumento (che può essere davvero importante) assicura al muscolo in attività un maggior apporto di nutrienti e ossigeno e riduce le resistenze periferiche, condizione fondamentale per trarre migliori benefici negli allenamenti specifici successivi. Per ottenere questa condizione bisogna in questo periodo concentrarsi su un buon lavoro di fondo e su allenamenti in palestra con serie non troppo corte e senza carichi eccessivi.
Più avanti vedremo come ma torniamo al nostro cuore.
I suoi adattamenti in risposta all’attività fisica dipendono dal tipo di sport praticato. In particolare per tutte le attività di fondo (corsa lunga, ciclismo, sci di fondo ecc…) il cuore si adatta progressivamente aumentando il volume delle proprie cavità. Questo aumento gli consente di aumentare la sua gettata sistolica e quindi aumentare la quantità di sangue disponibile ai tessuti.
Per quanto riguarda invece gli sport statici come il bodybuilding invece il cuore si adatta aumentando lo spessore delle pareti miocardiche. Durante questi sport infatti, la contrazione massiccia di masse muscolari causa l’occlusione parziale dei vasi sanguigni, il che comporta un aumento di pressione e un maggior lavoro di pressione da parte del cuore, che cerca di ‘proteggersi’ e migliorare la sua capacità di contrastarla aumentando il suo spessore. Infine vi è un adattamento di tipo misto, negli sport misti (aerobici-forza). Ecco in una foto le differenze tra cuori di atleti di diverse discipline:
Negli sport aerobici, che ci interessano di più, oltre all’aumento delle dimensioni del cuore (cardiomegalia-può anche raddoppiare le sue dimensioni in casi estremi) si ha una tendenza all’abbassamento dei battiti a riposo.
Specialmente in un soggetto sedentario si può notare già dopo poche settimane di allenamento un abbassamento della fc riposo di 8-10 BPM (battiti al minuto). A grandi livelli di agonismo il cuore può avere 35/40 bpm a riposo (bradicardia).
Il valore della frequenza massima invece (teoricamente) non cambia molto tra un sedentario e un atleta dal momento che sono legati più che altro al fattore età (ma anche qui ci sono eccezioni). E’ vero peraltro che la grande differenza tra sedentario e atleta si vede sul comportamento del cuore durante l’allenamento. Il secondo a parità di potenza espressa sarà in grado di tenere i battiti molto più bassi (e quindi aumentare la soglia lattacida) ma allo stesso tempo sarà in grado di farli salire più velocemente senza accusare troppo lo sbalzo.
Vediamo innanzitutto come calcolare la frequenza massima teorica, sulla base della quale potremo poi calcolare le nostre percentuali per gli allenamenti. Vi sono diverse formule più o meno precise.
La più usata è la Formula di Karvonen: 220-età negli uomini, 205-età per le donne. Tuttavia si tratta di una regola generale non priva di errore, calcolata su una popolazione media. Ci può essere un errore anche del 15%.
Negli ultimi anni sembra infatti essere più precisa la Formula di Tanaka: 208 – 0.7 x età.
Una volta calcolato il nostro 100, possiamo notare che in base alla percentuale a cui ci alleniamo variano il substrato energetico da cui traiamo energia e di conseguenza la finalità dell’allenamento.
Nello specifico:
Proprio per questo motivo molti di voi in questo periodo, in cui farete fondo, abbasserete il vostro bodyfat, ossia la percentuale di grasso corporeo. Col fondo migliora quindi la capacità del corpo di sfruttare i lipidi come fonte energetica! E questa è una grande cosa, perchè vi fa andare in riserva molto più tardi rispetto a una persona che non è in grado di sfruttare al meglio questo processo.In realtà le percentuali di allenamento e le soglie cardiache di cui a breve parleremo sono in alcuni casi strettamente legate al VO2 max (massimo volume di ossigeno consumato per minuto), ma non andiamo troppo nello specifico e limitiamoci a comprendere cosa sono le soglie e come utilizzarle.
Dalla tabella sopra potete capire (finalmente per molti!!!) che non bisogna spaccarsi in 4 per dimagrire!!! Infatti, detto molto semplice, se lo sforzo è troppo intenso il corpo non ha il tempo di andare a recuperare energia dai grassi. Al contrario se l’allenamento è blando e prolungato, le probabilità di dimagrire aumentano. Ecco perchè spesso vi si dice che dimagrite di più camminando veloce piuttosto che correndo!. E’ vero! Vi dirò di più: pare e dico pare (perchè in questo mestiere molti concetti spesso rimangono teorici o sono smentiti da studi sviluppati nello stesso periodo sulla stessa popolazione) che per attaccare anche il cosiddetto grasso profondo, quello più pericoloso perchè predisponente per futuri problemi cardiovascolari, l’allenamento migliore sia l’interval training. Ossia l’alternanza di ritmi blandi a ritmi un po’ più intensi (mai estremi! es 3 min 60%/1 min 75%…). Insomma, le stesso allenamento che si fa per migliorare le prestazioni del cuore, che è stato dimostrato non esser nemmeno sfiorato da un allenamento inferiore al 60% di soglia max. Invece come regola generale allenamento blando e costante = perdita di massa grassa.
Attenzione: sempre riguardo alla tabella sopra, si comprende che per sviluppare abilità diverse devo fare allenamenti diversi (ricordate il concetto di periodizzazione?). L’uscita classica ‘parto e vado a tutta dall’inizio alla fine’ che molti di voi fanno e che anche a me è capitato di fare, vuoi per divertimento o vuoi per sfida, trova il tempo che trova.
Ma veniamo alle soglie. Partiamo con le quelle più conosciute e utili:
Soglia max : leggi sopra
Soglia aerobica (SAE) : è un parametro che indica la soglia MINIMA di un intervallo di intensità caratterizzato dall’intervento NON LIMITANTE del metabolismo anaerobico LATTACIDO; durante l’esercizio svolto in soglia aerobica, nel sangue si rilevano basse concentrazioni di acido lattico. Si stima all’incirca nel 60% di soglia max.
Soglia anaerobica : è il momento in cui per carenza di ossigeno i muscoli iniziano a bruciare prevalentemente carboidrati (glicogeno) producendo così acido lattico che si accumula rapidamente nei tessuti e nel sangue con effetto debilitante. Da quel momento in poi la contrazione muscolare è inibita. E’ fondamentale per un atleta spostare più in alto possibile questa soglia o abituarsi a lavorare in presenza di lattato (resistenza lattacida).
La soglia anaerobica, come vedete, è il parametro che ci interessa di più. E’ sotto quel valore che dobbiamo stare ora che facciamo fondo, ed è vicino-uguale o sopra che andremo man mano che la nostra preparazione si affinerà.
Come misurarla: ci sono diversi metodi, basati sulla concentrazione del lattato ematico (ma non sono precisissimi oltre ad essere invasivi) o sulla misurazione dei parametri ventilatori (super precisi ma apparecchiature molto costose). Ma di gran lunga il test più comodo, preciso e diffuso è il Test di Conconi. Al di fuori di questi test possiamo solo stimare all’incirca la nostra soglia anaerobica, senza conoscerla con precisione, dal momento che varia durante la preparazione come adattamento a un allenamento specifico.
Per i più pro (ma solo per loro) posso dare una ulteriore specifica: la % di FC a cui lavorare per fare fondo può essere calcolata non solo sulla FC max ma anche sulla soglia anaerobica, più precisamente:
Fondo lento: questo tipo di lavoro è relativo ad una frequenza cardiaca pari al 75% di quella di soglia anaerobica e questo limite è l’ingresso nelle fasce allenanti, cioè al di sotto del 75% circa della frequenza di soglia non si producono stimoli specifici per il miglioramento della prestazione;
Il fondo lento si usa per riscaldamento, defaticamento e recupero blandi ed a questo ritmo l’organismo consuma una miscela di grassi-zuccheri più ricca dei primi:
Fondo intermedio: la frequenza cardiaca è pari all’80% di quella di soglia anaerobica; si usa questo ritmo sempre per riscaldamento, defaticamento e recupero a ritmi un po’ più sostenuti; ha senso tenere in considerazione questo tipo di lavoro in individui allenati, dove cioè un piccolo aumento di pulsazioni cardiache porta ad un incremento non trascurabile di velocità. Il consumo energetico è sempre spostato più verso i grassi, rispetto agli zuccheri.
Fondo medio: la frequenza cardiaca è pari all’86% di quella di soglia anaerobica; Questo ritmo si usa per riscaldamento e defaticamento brillanti, ad esempio se si vuole elevare il carico di una seduta di allenamento; è un tipo di lavoro utile per preparare gare su strada lunghe (aumento della resistenza) ed anche qui si consumano prevalentemente grassi;
Fondo lungo, o veloce: la frequenza cardiaca è pari al 92% della soglia anaerobica; Questo ritmo, protratto per alcune decine di minuti, aumenta la resistenza, o meglio la capacità di risparmiare glicogeno a ritmi elevati e quindi di prendere energia dagli acidi grassi, cosa logica a ritmi blandi, ma non più ad alte frequenze. Nonostante ciò, da questo ritmo in poi l’organismo consuma una miscela di grassi-zuccheri più ricca dei secondi.
Ma qui stiamo andando fin troppo sul tecnico. Vedremo più avanti nei prossimi articoli come migliorare le prestazioni e come abituarci alla presenza di acido lattico. Per ora vi basti sapere che in questo periodo occorre farsi un buon fondo per prepararsi al meglio ai lavori successivi, e quindi stare sempre sotto la soglia anaerobica.
Ultima precisazione: non fidatevi dei sensori applicati sulle macchine cardio in palestra, non sono per nulla affidabili! Con 15/20 euro oggi si può comprare un cardiofrequenzimetro, non dei migliori, ma di gran lunga più preciso di quelli sopra citati. Dopo tutta questa pubblicità potrei chiedere una sponsorizzazione a TECHNOGYM!!!
Nella prossima puntata torneremo indoor, nelle nostre palestre e nelle nostre case, e cercheremo di comprendere meglio un altro concetto, l’ipertrofia. Analizzeremo perchè è importante aumentare o solo mantenere, in certi casi, la massa muscolare e come farlo. Gli argomenti trattati saranno moltissimi e le vostre richieste sono ancora di più. Quindi preparatevi ad una sfilza di articoli ricchi di contenuti!!!

Acido Lattico e resistenza lattacida:
L’articolo sulle ripetute richiedeva un approfondimento in merito a questo sottoprodotto del metabolismo anaerobico lattacido. E’ corretto chiamarlo ‘sottoprodotto’ ma questo termine non da la giusta importanza a quel qualcosa che può aiutarci a fare la differenza in certi casi. Oggi capiremo come si produce in un contesto di un allenamento cardio (notare che si produce anche alzando pesi, rivedi articolo IPERTROFIA), perché è importante che si produca, come accumularlo al massimo delle concentrazioni, come smaltirlo al meglio.
Avevamo già specificato che al di sopra della cosiddetta SOGLIA ANAEROBICA, valutabile con differenti test (il più accreditato nel ciclismo è il Conconi), il lattato inizia a aumentare sostanzialmente, fino ad arrivare a quel punto in cui non viene più smaltito con la stessa velocità con cui viene prodotto.
Innanzitutto spieghiamo che, contrariamente a quanto spesso si pensi, l’acido lattico non è il responsabile del dolore muscolare avvertito il giorno seguente ad un allenamento molto intenso e i giorni successivi. L’acido lattico infatti viene smaltito nel giro di un’ora/un’ora e mezza (a seconda del grado di allenamento del soggetto) e la sua quantità si dimezza ogni 15 minuti (per gli individui non allenati) fino ad arrivare anche a 7 minuti o meno (per gli individui molto allenati).
L’indolenzimento ad insorgenza ritardata (meglio noto con l’acronimo anglosassone DOMS: Delayed Onset Muscle Soreness), invece, è causato da microlacerazioni muscolari che originano processi infiammatori, seguiti poi da un aumento della sensibilità nelle zone muscolari maggiormente sollecitate per via di un incremento delle attività ematiche e linfatiche. Gli effetti dei DOMS solitamente si avvertono tra le 12 e le 72 ore circa dallo sforzo fisico intenso, perdurando anche per 5-6 giorni consecutivi.
Di sicuro la situazione classica che viene portata come esempio (anche se non riguardante il ciclismo, rende bene l’idea) per descrivere un gesto atletico con altissime produzioni di lattato, sono i 400 metri piani nell’atletica. Non è un caso il fatto che venga chiamato ‘IL GIRO DELLA MORTE’.
Gli atleti di questa disciplina raggiungono valori a fine gara che fanno rabbrividire i misuratori di lattato portati dai preparatori sul campo (altro che 4, altro che 8, altro che 12 mmol!!!). Piccola parentesi: sto eseguendo personalmente dei test su miei atleti in prove massimali e/o in gara di misurazione di lattato nelle varie fasi, per le discipline ENDURO, DH, MARATHON e CROSS COUNTRY. Sarà interessantissimo valutare insieme, con degli articoli specifici che sto preparando per voi, l’andamento del lattato durante le diverse prove. Faremo la stessa cosa anche con l’andamento della frequenza cardiaca rapportata a un gps. Tante sorprese vi aspettano, tutto vi porterà a capire al meglio cosa succede al vostro corpo mentre è impegnato nel gesto atletico.
Torniamo al nostro acido lattico (è corretto chiamarlo acido lattico? È solo quello? Lo vedremo).
Come si produce massivamente?
In tutte quelle prove da 30 sec-5 minuti ad altissima intensità. In parte ne abbiamo già parlato nelle ripetute, ma alcuni di voi si chiederanno: e ma allora? Alla partenza di una gara xc io faccio una ripetuta! Però poi devo andare avanti ancora 1 ora o più! Ecco perché sono importanti i lavori di interval training ad alta intensità e breve durata anche per atleti endurance. Poi chiaramente bisogna riprodurre più avanti condizioni di gara. In queste discipline è un ottimo test e metodo di allenamento, iniziare, dopo un riscaldamento, una seduta con 4 o 5 ripetute da 2/3 min con rec attivo 3 min, farsi successivamente 50 min/1 ora in-appena sopra soglia anaerobica, e successivamente, in prossimità di fine seduta, fare altre 4 o 5 ripetute con la stessa modalità con cui sono state fatte all’inizio.
Una seduta del genere, oltre a migliorare la vostra resistenza lattacida, vi permette di capire come e se viene realmente smaltito bene il lattato, e anzi, viene richiesto un ulteriore sforzo a fine seduta, che darà conferma o meno dello stato di forma dell’atleta. Inutile dirvi che si tratta solo di uno dei tanti allenamenti possibili per portare al vostro corpo una buona resistenza lattacida, per la quale l’allenamento base rimane sempre quello delle ripetute con recupero completo-incompleto.
Fondamentale sottolineare anche che la produzione-smaltimento di lattato è strettamente legato al VO2max, valore che analizzeremo a breve e che metterà un altro tassello ancora nel nostro mosaico.
E’ una cosa così negativa?
L’importanza di produrre molto acido lattico
Se è bassa la concentrazione di acido lattico che si trova nel sangue dopo che un atleta ha compiuto uno sforzo nel quale si è impegnato al massimo, significa che, dal meccanismo che ne determina la produzione (quello detto “anaerobico lattacido”), è derivata poca energia. E questo non è certo un aspetto positivo, specie nelle discipline sportive nelle quali i risultati dipendono enormemente proprio dall’efficienza del meccanismo dell’acido lattico, come ad esempio i 400 metri dell’atletica leggera, tutte le prove di canottaggio, i 100 e i 200 metri del nuoto e tutti gli sport di potenza, comprese alcune specialità del ciclismo. Chi gareggia in queste prove e produce poco acido lattico è destinato a ottenere prestazioni molto scarse.
La possibilità di ricorrere massicciamente al meccanismo lattacido, insomma, è una caratteristica del tutto positiva. Essa dipende da molti fattori:
• dal fatto di possedere muscoli composti da una buona percentuale di certe specifiche fibre (in particolare quelle del sottotipo II);
• dall’aver compiuto una preparazione adatta (FONDAMENTALE, se non sei pronto ‘muori prima!’);
• dall’avere nei muscoli, al momento della partenza, una buona scorta di glicogeno, quella specie di zucchero, concentrato da cui i muscoli stessi derivano la gran parte dell’energia.
Prima di ‘accusare’ un nemico, conosciamolo quindi a fondo. Ad alcuni di voi incuriosirà sapere che in realtà, in un ambiente acquoso come quello all’interno della fibra muscolare, L’ACIDO LATTICO si presenta in forma dissociata: uno ione caricato negativamente La¬¯ e uno caricato positivamente H+, quindi è molto più corretto chiamarlo LATTATO. Gli ioni Idrogeno H+, più piccoli, si diffondono dalla fibra al torrente circolatorio molto più velocemente rispetto agli ioni Lattato La¬¯. L’aumento della concentrazione degli ioni idrogeno, sia a livello muscolare, sia a livello ematico, costituisce la causa dell’abbassamento del PH e del realizzarsi di un ambiente acido: la maggior parte degli effetti negativi del Lattato nell’insorgenza della fatica e nell’incapacità di proseguire l’azione muscolare, sono causati da alte concentrazioni di H+ derivanti dalla DISSOCIAZIONE dell’acido lattico.
Questo spiega come l’acido lattico sia in realtà solo indirettamente coinvolto nell’aumento dell’acidità ematica!
Il fenomeno della fatica durante la prestazione fisica è comunque un aspetto multifattoriale, non riconducibile sono a questo aspetto, ma anche ad altri, come ad esempio la produzione di ioni Ammonio da parte dei muscoli scheletrici, e necessita di ulteriori approfondimenti che non faremo oggi.
Una volta prodotto, che fine fa l’acido lattico? Può tornare utile?
Eccome!!! Una volta passato nel sangue, l’acido lattico viene via via eliminato.
Ma il cuore, per esempio, lo usa come combustibile, così come fanno alcuni muscoli poco impegnati; i reni e il fegato lo ritrasformano in glicogeno. In un atleta allenato, già dopo sette minuti la metà del lattato è scomparsa dal sangue. In ogni caso, come abbiamo detto sopra, anche se ne viene prodotto in quantità enorme, nel giro di poche decine di minuti dalla fine dello sforzo, tutto l’acido lattico viene metabolizzato.
Quello dell’acido lattico è senza dubbio un fenomeno che certamente, al giorno d’oggi, al di fuori dello sport, si verifica sempre meno. Esso, comunque, è del tutto fisiologico.
Semmai c’è da tenere presente che gli allenamenti (e a maggior ragione le gare) che determinano una forte produzione di acido lattico, provocano altresì uno stress notevole.
L’acido lattico, seppur tossico, non deve essere considerato assolutamente un prodotto di rifiuto. Esso, infatti, può essere utilizzato dal muscolo dopo esser stato risintetizzato a glucosio attraverso il “Ciclo di Cori”, viene metabolizzato dal cuore e viene anche assorbito da altre fibre muscolari (soprattutto quelle rosse).
Nel primo caso (Ciclo di Cori) l’acido lattico prodotto dai muscoli viene portato al fegato dove viene trasformato prima in acido piruvico e poi in glucosio. Quest’ultimo viene poi riportato al muscolo che lo potrà riutilizzare.
Nel secondo caso il cuore è in grado di utilizzare il lattato a scopo energetico in condizioni di anaerobiosi (cioè in assenza di ossigeno). L’acido lattico infatti, essendo un vaso dilatatore coronarico, è in grado di salvare il cuore dall’ipossia (mancanza di ossigeno). Nell’ultimo caso il lattato prodotto viene trasportato alle fibre vicine attraverso trasportatori chiamati MCT (o Monocarboxylate Transporter) dove verrà poi metabolizzato (trasformato da lattato a piruvato per opera delle LDH).

Un azzurro che tempo fa ci ha fatto fare dei bei salti sul divano, impegnato in una disciplina ad altissima produzione di acido lattico, che al contrario di quanto si possa pensare, ha molti punti in comune, come gesto atletico, con il ciclismo.
Prendiamo ora in considerazione altri effetti positivi dell’acido lattico.
Durante il lavoro muscolare strenuo, quando il metabolismo aerobico non è più in grado di soddisfare le aumentate richieste energetiche, viene attivato il meccanismo anaerobico lattacido per produrre energia sotto forma di ATP. In realtà la quantità di ATP prodotta non è molta, però la velocità di produzione della stessa è elevatissima (quasi 100 volte più veloce del meccanismo aerobico), quindi posso aumentare la quantità di energia aumentando semplicemente la velocità del processo.
Come secondo punto è necessario sottolineare che l’acido lattico stimola testicoli e ghiandole surrenali a produrre testosterone. È questo il motivo per cui l’attività fisica anaerobica è foriera di aumento della massa muscolare. Non bisogna tuttavia dimenticare (questo si dica ad esempio per i velocisti che sostengono che una preparazione aerobica per la loro specialitá non serva a nulla o per i bodybuilder che allenano solamente l’anaerobico a scapito del metabolismo aerobico!) che il meccanismo ossidativo (aerobico) aiuta nella degradazione dell’acido lattico in quanto i prodotti di scarto del processo sono anidride carbonica e acqua che arrivano diretti dall’ossidazione dell’ossigeno! Quindi: PER UN BUON FUNZIONAMENTO DEL MECCANISMO ANAEROBICO E’ NECESSARIA UNA BASE AEROBICA!
Acido lattico e stress
Rullo di tamburi: L’ACIDO LATTICO VIENE PRODOTTO ANCHE A RIPOSO IN CONDIZIONI DI ANSIA E STRESS. Questo elemento è certamente fondamentale per i molti atleti che non riescono spesso a capacitarsi del fatto che il rendimento in gara non è mai pari a quello ottenuto in allenamento.
Tutto ciò in effetti ha una spiegazione fisiologica. In condizioni di ansia e stress viene attivato il sistema ortosimpatico che produce ADRENALINA. Quest’ormone stimola la produzione di lattato poiché inibisce un altro enzima (piruvato deidrogenasi) che andrebbe ad avviare il meccanismo aerobico attivando il ciclo di Krebs.
Inoltre l’adrenalina attiva anche la glicogenolisi (processo di degradazione di glicogeno) e consuma, prima del dovuto, anche il glicogeno muscolare ed epatico che dovrebbe essere risparmiato per la gara!
Quindi, l’aspetto stress, potrà confermarlo Davide Mamo, non è la causa principale della produzione di lattato, né sarà quello che vi farà fare la differenza tra correre 400 metri in 2 min piuttosto che in 47 sec (se sei il campione del mondo), ma non è del tutto trascurabile, specialmente in atleti d’elite.
In conclusione
LO STRESS PRE-GARA AUMENTANDO LA PRODUZIONE DI ADRENALINA FA PRODURRE ANTICIPATAMENTE ACIDO LATTICO ED ESAURISCE PRIMA LE SCORTE DI GLICOGENO!
Impariamo quindi a conoscere come si comporta il nostro corpo quando andiamo oltre la soglia anaerobica e tutti i meccanismi che ci stanno dietro l’abbattimento di quel muro che fa la differenza tra andare avanti nella prestazione e fermarsi con le gambe imballate.
Sicuramente ci sono moltissimi fattori soggettivi da valutare attentamente (ad esempio un atleta di endurance avendo una soglia anaerobica molto alta, riuscirà a riutilizzare il lattato fino ad altissimi valori paragonati a un VO2 max, mentre uno sprinter avrà invece più capacità di esprimere potenza per brevi tragitti pur avendo una soglia anaerobica plausibilmente più bassa, e di ciò bisogna tenerne conto nella durata-intensità delle ripetute), ma i meccanismi di produzione e smaltimento del lattato sono uguali per tutto il genere umano (per tutte le razz….no…ehm…..etni……ehm……vabbè avete capito ).
I recuperi possono migliorare o peggiorare il cosiddetto ‘riassorbimento del lattato’?
Certo, dimostrato che un recupero attivo a più basse fc, permette un recupero, quindi uno smaltimento molto più veloce. Chiaramente a maggior ragione in un atleta che accumula massicce quantità di questa sostanza ad alti valori di VO2max, mentre per un soggetto sedentario, che accumula lattato massivamente già al 50% della fc max, il recupero non può essere altro che passivo.
E’ utile il cardiofrequenzimetro in questi lavori?
Il nostro caro amico cardiofrequenzimetro è sempre utile, se non altro per rivedere in seguito l’andamento dell’allenamento. E’ corretto però far notare che oltre la soglia anaerobica, in lavori quali ripetute, specialmente in quelle brevi, la risposta del cuore è RITARDATA, quindi per andare ancor meglio a valutare i miglioramenti, sono più precisi, e anche tanto più costosi, metodi quali POWERMETER. Il tutto chiaramente associato ad una valutazione ematica del lattato (se si è in laboratorio e si sta facendo un test a distanza di tot per valutare miglioramenti).
Cos’è la capacità tampone?
Molti di voi avranno letto questo termine in giro, e quindi ci tengo a darvi ancora questa spiegazione. Anche se in realtà ne abbiamo già in parte parlato, nei liquidi corporei sono presenti sistemi di sostanze chimiche detti tamponi. Queste sostanze reagiscono con gli acidi per mantenere un appropriato equilibrio acido-base. Il sistema tampone più comune esistente nel corpo è costituito da acido carbonico e bicarbonati ed influenzato dal contenuto di alcune proteine e dei fosfati nelle fibre muscolari.
E’ vero che la capacità di smaltire il lattato (e il conseguente aumento-maggior efficacia dei tamponi), in alcuni casi, sembra aumentare all’aumentare del persistere del lattato nel muscolo. Ciò porta alcuni preparatori in alcuni sport a far accovacciare, o mettere in posizioni tutt’altro che rilassanti o defaticanti, o addirittura a saltare il defaticamento, ad atleti di alto livello. Ma tutto ciò nel ciclismo non è troppo consigliabile, a parte rari casi, se vogliamo migliorare la nostra resistenza lattacida, siamo fortunati, abbiamo mille modi per farlo!!!

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